E’ la Tabula Peuntingeriana che cita per la prima volta Turenum (La tabula Peuntigeriana è la copia del XIII sec. di un itinerario romano del IV sec.). Comunque notizie certe di insediamento urbano si hanno dal IX sec.: la prima occupazione fu longobarda e, successivamente, bizantina. Sede di vescovado, nel XI sec. superò per l’acquisizione di possedimenti la sede vescovile di Canosa, andata in rovina a causa dei Saraceni. Nel sudetto secolo la costruzione della cattedrale, sotto i Normanni, sta a significare l’importanza che la città era venuta ad assumere, anche come centro di scambi commerciali e culturali con il vicino Oriente.
Foese a quest’età si potrebbero ricondurre gli Ordinamenta Maris, cioè regole marittime necessarie per i traffici commerciali, anche se il testo giuntoci è del XVI sec., che a sua volta si rifarebbe ad uno del trecento. La fortuna di Trani è, quindi, legata al porto ed alle Crociate, che ad esso si riferirono: tale ricca situazione commerciale fece giungere, fino dal XI sec. famiglie dalle Repubbliche Marinare (Amalfi, Genova, Venezia ) che si insediarono nella città, che già godeva di una ricca presenza ebraica con Giudecca e sinagoghe varie, conservatesi bene fino ai nostri tempi, che resero Trani la città più ebraica del meridione nel suo tempo.
D’altra parte l’importanza politico commerciale di Trani è dimostrata dalla presenza di un console di Venezia sin dal XII sec. e da quelli di altri consolati addirittura del nord Europa, come Inghilterra, Olanda, ecc., le cui sedi erano situate, come ancor oggi si può leggere dalle epigrafi consolari, nei caseggiati difronte alla Cattedrale. Non mancarono, oltre alla ricca e fiorente colonia ebraica, anche i mercanti fiorentini, che attestarono che, dopo Venezia, Trani era il più prosperoso porto dell’Adriatico. Con Angioini ed Aragonesi (XV-XVI sec.), la città attraversò un periodo di crisi, aggravato subito dopo dal dominio spagnolo, e dalla conseguente cacciata degli Ebrei, che da sempre avevano costituito il più potente fulcro economico della sua società, tanto è vero che ci è stato tramandato dal Medioevo un detto significativo, attribuito a Federico II, che dice: Fugite Tranenses, ex sangune Judae discendentes.
Comunque, successivamente, fra il XVII e XVIII sec. con il passaggio sotto il regime borbonico, il conseguente miglioramento di gran parte dell’economia meridionale, e soprattutto la crescita di una doviziosa classe sociale aristocratica-borghese, dedita al latifondo ed al commercio, che la arricchì anche architettonicamente di una splendida serie di palazzi sontuosi e marmorei, distendendosi ad est oltre le mura, e lungo il porto, la città acquistò l’antica floridezza, e giunse a diventare capoluogo di Provincia, fino all’avvento del regime Napoleonico e di Gioacchino Murat, che spodestò i Borboni, sotto il quale fu privilegiata la città di Bari.
Non a caso in tale contesto si pone il famoso eccidio del 1799, compiuto dai Francesi a danno della città, che fu messa letteralmente a ferro e fuoco, rea di aver parteggiato per i Borboni. In tale diatriba non è un caso che, subito dopo il ritorno dei Borboni, dopo la caduta di Napoleone, la città recuperò la primitiva egemonia su Bari e nel Regno di Napoli, oltretutto anche per motivi giuridici, culturali, oltre che economici, per perderla definitivamente all’interno del Fascismo nel primo Novecento.